Accumulo: Guida alla progettazione di un Impianto Fotovoltaico pt. 7

fotovoltaico-accumulo
Scopri i sistemi di accumulo energetico per impianti fotovoltaici: vantaggi, integrazione e soluzioni.

Il settore delle energie rinnovabili è molto ampio e va oltre la semplice ricerca di fonti energetiche alternative. È fondamentale costruire impianti che possano convertire l’energia nel modo più efficiente possibile e che siano in grado di integrarsi con la rete energetica esistente.

È importante considerare che le fonti rinnovabili non generano energia in modo costante e, quindi, possono essere utilizzate solo in specifiche condizioni. Ad esempio, l’energia solare non è disponibile di notte e durante il giorno la sua efficienza varia in base alle diverse condizioni climatiche.

Pertanto, un problema legato all’energia sostenibile è lo stoccaggio dell’energia, in modo da poterla rendere disponibile quando necessario.

La ricerca e lo sviluppo degli accumulatori sono attualmente molto rilevanti e in continua espansione, grazie alle numerose applicazioni nel settore energetico. Questi accumulatori possono essere utilizzati per immagazzinare energia proveniente da fonti rinnovabili e integrarsi nelle moderne Smart Grid, ovvero reti di informazione e distribuzione elettrica gestite in modo intelligente.

In questa guida di Blumatica, esamineremo nel dettaglio tutte le diverse tipologie di sistemi di accumulo che possono essere integrati in un impianto fotovoltaico, valutandone i vantaggi e gli svantaggi associati.

Schema elettrico con accumulo
Figura 1 – Schema elettrico con accumulo, Blumatica Impianti Solari

Cos’è un sistema di accumulo?

I sistemi di accumulo per impianti fotovoltaici sono dispositivi elettrochimici, spesso chiamati batterie, progettati per immagazzinare l’elettricità prodotta. Sono comunemente impiegati negli impianti residenziali per aumentare l’autoconsumo, riducendo così la necessità di acquistare energia dalla rete esterna.

Durante i periodi di picco di produzione, l’eccesso di energia non viene immediatamente immesso nella rete, ma viene invece immagazzinato nelle batterie per essere utilizzato successivamente, ad esempio per coprire il consumo serale quando il sistema fotovoltaico non è attivo.

Bilancio di generazione e domanda di energiaFigura 2 – Bilancio di generazione e domanda di energia

 

È fondamentale notare che questi sistemi comportano costi significativi rispetto agli altri componenti dell’impianto. Pertanto, è cruciale valutare attraverso analisi tecno-economiche sia la convenienza del loro impiego che la loro capacità di carica.

Come funziona?

Le batterie ricaricabili, o accumulatori di energia elettrica, sono celle elettrochimiche reversibili. Durante il processo di scarica, convertono l’energia chimica in elettrica, funzionando come pile. Durante la carica, trasformano l’energia elettrica in energia chimica, operando come celle elettrolitiche. Questo permette di ripristinare completamente la carica delle batterie applicando l’energia elettrica adeguata.

Il processo chimico di ossidoriduzione all’interno di una batteria comporta lo scambio di elettroni tra una sostanza che si ossida, cedendo elettroni, e una che si riduce, acquisendoli. Per comprendere meglio questo meccanismo, si può esaminare il funzionamento della pila Daniell.

Pila Daniell
Figura 3 – Pila Daniell

La pila è composta da due compartimenti: uno contiene una barra di zinco immersa in una soluzione di solfato di zinco, mentre l’altro ospita una barra di rame immersa in una soluzione di solfato di rame. I due compartimenti sono separati da un setto poroso o un ponte salino, che impediscono il mescolamento delle soluzioni, garantendo al contempo la continuità del circuito elettrico.

Il risultato è che gli elettroni si spostano ordinatamente dal compartimento dove avviene l’ossidazione a quello dove si verifica la riduzione, passando attraverso un conduttore metallico esterno e generando così una corrente elettrica.

Gli accumulatori operano chimicamente come pile durante il processo di scarica, attraverso il fenomeno di ossidoriduzione, e come celle elettrolitiche durante la fase di ricarica.

La cella elettrolitica è un dispositivo utilizzato per effettuare il processo elettrolitico. È composta da un contenitore che contiene un elettrolita, in cui sono immersi due elettrodi di prima specie (metalli, leghe metalliche o grafite) collegati a un generatore esterno di corrente continua.

In questo caso, l’elettrodo positivo è chiamato anodo, poiché è dove avviene la semireazione di ossidazione, mentre l’elettrodo negativo è il catodo, dove avviene la semireazione di riduzione. L’elettricità generata in un conduttore elettrolitico è quindi il risultato di un doppio flusso in direzioni opposte: i cationi (ioni positivi) si muovono verso il catodo e gli anioni (ioni negativi) si spostano verso l’anodo. Questo processo è quindi accompagnato da un trasferimento di materia.

Esistono varie tipologie di accumulatori di carica elettrica, che si differenziano in base ai materiali utilizzati e agli usi specifici. Di seguito sono elencati i principali accumulatori disponibili sul mercato:

  • Piombo – acido: La loro ampia diffusione è attribuibile ai costi contenuti di questo tipo di batteria. Il grosso limite è che possono essere scaricate solo fino al 50-60% della loro capacità totale, quindi devono mantenere almeno metà della loro capacità di accumulo nominale. Inoltre, sono molto ingombranti e la loro durata media è di 3-5 anni.
  • Nichel – cadmio: Questi tipi di batterie hanno una durata estesa e sono più resistenti ai danni. Possono essere caricate e scaricate più rapidamente rispetto alle batterie al piombo, ma sono anche più costose. Tuttavia, sono suscettibili all’effetto memoria.
  • Nichel – metallo idruro: Questa tecnologia ha sostituito efficacemente le batterie al nichel-cadmio, offrendo un miglioramento significativo nell’efficienza energetica. Presentano un leggero effetto memoria e, quando non sono in uso, tendono a scaricarsi più rapidamente rispetto ad altri tipi di batterie.
  • Ioni di litio: Questi tipi di batterie offrono una maggiore efficienza e una durata più lunga rispetto alle batterie al piombo. Inoltre, consentono una scarica più profonda fino al 90%, ottimizzando così l’autoconsumo al massimo livello possibile. Sono meno ingombranti delle batterie al piombo, ma hanno un costo più elevato. La loro durata media è compresa tra i 10 e i 12 anni.
  • Batterie al litio-ferro-fosfato: Queste batterie sono basate sulla tecnologia al litio. Rispetto ad altre batterie al litio, offrono vantaggi significativi come una migliore resistenza al calore, maggiore resistenza all’invecchiamento, bassa autoscarica, più cicli di utilizzo e stabilità in tensione anche sotto carichi elevati. Inoltre, sono notevolmente più sicure rispetto alle versioni precedenti.

Parametri operativi degli accumulatori di carica elettrica

Per scegliere la batteria che meglio si adatta alle proprie esigenze, è importante considerare vari aspetti tecnici fondamentali:

  • Capacità utile: Indica l’energia immagazzinabile nell’accumulatore, ovvero la quantità di carica elettrica che può essere stoccata. È espressa in ampere-ora (Ah) e, moltiplicata per la tensione nominale, fornisce i watt-ora (Wh).
  • Capacità nominale: Generalmente definita come la capacità relativa a un intervallo di tempo di scarica specifico, permette di confrontare batterie di dimensioni diverse.
  • Potenza: La velocità con cui la batteria può immagazzinare o rilasciare energia, misurata in watt (W).
  • Numero di cicli: Il numero minimo di cicli di carica/scarica per cui la batteria mantiene le condizioni specificate dal produttore.
  • Densità di energia ed energia specifica: La densità di energia indica l’energia erogabile per unità di volume (Wh/m³), mentre l’energia specifica rappresenta l’energia erogabile per unità di massa (Wh/kg).
  • Densità di potenza e potenza specifica: La densità di potenza indica la potenza erogabile per unità di volume (W/m³), mentre la potenza specifica è la potenza erogabile per unità di massa (W/kg).
  • Stato di carica (State of Charge – SoC): Percentuale di carica residua nella batteria, calcolabile come:

Stato di carica (State of Charge - SoC)

  • Profondità di Scarica (Depth of Discharge – DoD): Percentuale di carica prelevata dalla batteria, calcolabile come:

Profondità di Scarica (Depth of Discharge - DoD)

In generale, vale sempre che DoD + SoC = 100%.

  • Stato di salute (State of Health – SoH): Indica la condizione di salute della batteria, definita come:

Stato di salute (State of Health - SoH)

Rappresenta la capacità residua della batteria rispetto alla sua capacità originale, ed è un indicatore di usura.

  • Autoscarica: Riduzione graduale della carica quando la batteria rimane inutilizzata per lungo tempo, dovuta a fenomeni chimici interni, corrosione, impurità tra elettrodo ed elettrolita, difetti di isolamento tra anodo e catodo, e ricariche troppo veloci.

Tutte le tipologie di configurazioni dei sistemi di accumulo secondo la norma CEI 0-21

Il sistema di accumulo può essere integrato nell’impianto di produzione seguendo tre configurazioni diverse, definite dalle norme CEI, che variano a seconda della modalità di carica e della posizione elettrica del sistema stesso:

Monodirezionale e bidirezionale lato produzione in c.c.

Una prima modalità di installazione del sistema di accumulo prevede il collegamento nella sezione in corrente continua dell’impianto.

Solitamente, gli accumulatori sono collegati al bus in c.c. tramite un convertitore aggiuntivo (c.c./c.c.), necessario per separare il comportamento dello storage dal Maximum Power Point Tracker (MPPT) del generatore fotovoltaico. Questa configurazione è spesso considerata ideale per impianti di nuova costruzione, poiché consente di ottenere un rendimento ottimale del sistema complessivo.

L’energia prodotta dal generatore fotovoltaico può essere immagazzinata direttamente nel sistema di accumulo, senza dover passare attraverso la parte in corrente alternata dell’impianto. Il convertitore del sistema di accumulo può essere bidirezionale o monodirezionale:

  • Nel secondo monodirezionale, la carica avviene esclusivamente tramite la produzione locale.
  • Nel caso bidirezionale, il sistema di accumulo può ricaricarsi sia con l’energia prodotta dal generatore sia prelevandola dalla rete.

Per gestire correttamente i flussi di potenza immessi nella rete dall’accumulo, il contatore di produzione M2 deve essere bidirezionale.

Monodirezionale e bidirezionale lato produzione c.c.
Figura 4 – Monodirezionale e bidirezionale lato produzione c.c.
Bidirezionale lato produzione in c.a.

Un’altra modalità di inserimento prevede che il sistema di accumulo sia collegato sul lato in corrente alternata dell’impianto dell’utente. Questa connessione può avvenire sia a valle sia a monte del contatore di produzione M2. In questo caso, analizziamo il caso in cui il sistema di accumulo è posizionato sul lato in c.a. a valle del contatore M2.

Questo schema di connessione è ideale per l’installazione dell’accumulo in un impianto esistente, poiché non richiede interventi sul generatore. Tuttavia, rispetto alla configurazione con il sistema di accumulo integrato, presenta lo svantaggio di necessitare la duplicazione di alcuni apparati e di avere un rendimento complessivo inferiore a causa del doppio stadio di conversione. Anche in questo caso è necessaria l’installazione di un contatore M2.

Bidirezionale lato produzione in c.a.
Figura 5 – Bidirezionale lato produzione in c.a.
Bidirezionale post-produzione in c.a.

Il sistema di accumulo, collegato sul lato in corrente alternata dell’impianto dell’utente, può essere posizionato anche a monte del contatore di produzione M2, configurandosi così come un sistema di accumulo post-produzione.

Analogamente agli schemi di connessione precedenti, in caso di interruzione della rete, il sistema di accumulo può supportare le utenze privilegiate presenti nell’impianto.

Con questo schema di connessione, la misurazione dell’energia elettrica assorbita e rilasciata dal sistema di accumulo, tramite un contatore bidirezionale aggiuntivo M3, è necessaria solo per impianti incentivati con tariffe onnicomprensive e/o che beneficiano dei prezzi minimi garantiti. Per impianti che non usufruiscono di incentivi basati sull’energia elettrica generata, non è necessaria la misurazione dell’energia scambiata dall’accumulatore.

Bidirezionale post-produzione in c.a.
Figura 6 – Bidirezionale post-produzione in c.a.

Vantaggi e svantaggi dei sistemi di accumulo

Il principale vantaggio degli impianti fotovoltaici con accumulo è l’uso dell’energia solare immagazzinata durante i periodi di bassa produzione, quando la richiesta domestica di energia è alta e l’impianto non può funzionare al massimo. Questo permette all’utente di essere quasi completamente autonomo dalla rete elettrica nazionale.

Considerando una prospettiva più ampia, è evidente che questo sistema innovativo di produzione energetica affronta molte delle problematiche tipiche dei tradizionali impianti solari.

I benefici di un impianto fotovoltaico con accumulo includono:

  • Utilizzo dell’energia solare anche durante le ore meno luminose e nei periodi di oscurità.
  • Riduzione degli sprechi energetici.
  • Maggiore efficienza del sistema e conseguente risparmio in bolletta, con una riduzione significativa dei costi energetici, fino al 90%.
  • Indipendenza dalla rete elettrica nazionale.
  • Possibilità di alimentare altri impianti domestici, come il riscaldamento, con l’energia solare.

Tuttavia, è importante considerare anche gli svantaggi degli impianti fotovoltaici con accumulo. Sebbene siano meno numerosi rispetto ai benefici e possano essere soggettivi, è fondamentale prenderli in considerazione, a partire dal costo d’acquisto. Un impianto fotovoltaico con accumulo è generalmente più costoso rispetto ai sistemi tradizionali a pannelli solari, principalmente a causa dei componenti aggiuntivi necessari.

Inoltre, l’installazione di tali impianti è più complessa e deve essere eseguita da tecnici qualificati e esperti. Economicamente, un impianto con batterie di accumulo può costare fino al doppio rispetto a un impianto fotovoltaico semplice. Tuttavia, è importante considerare che, sebbene l’investimento iniziale sia maggiore, il recupero dell’investimento avviene in un tempo relativamente breve, spesso già dopo cinque anni di funzionamento, grazie all’indipendenza energetica ottenuta.

Riassumendo, i principali svantaggi degli impianti fotovoltaici con accumulo sono:

  • Prezzo di acquisto più elevato.
  • Le batterie di accumulo, pur avendo una lunga durata, non sono immortali e possono perdere efficienza nel tempo.
  • È necessaria un’analisi tecnica approfondita da parte di esperti per dimensionare correttamente l’impianto. Maggiore è l’adeguatezza dell’impianto alle esigenze specifiche, più efficientemente le batterie funzioneranno e più a lungo manterranno la loro capacità.

Come definire il sistema di accumulo in Blumatica Impianti Solari?

Per aumentare l’autoconsumo di energia prodotta, nel software Blumatica Impianti Solari è possibile attivare il sistema di accumulo, scegliendo una delle configurazioni previste dalle norme CEI 0-21.

Dopo aver selezionato il tipo di configurazione, si può progettare il sistema di accumulo scegliendo tra due tipologie di accumulatori: batterie o sistemi di accumulo. In base alla tipologia scelta, è necessario specificare dati come la capacità di accumulo minima [kWh], la SOC minima [%] e la tensione nominale del sistema [V]. Il software poi eseguirà una simulazione automatica basata su questi parametri.

Accumulo, Blumatica Impianti Solari
Figura 7 – Accumulo, Blumatica Impianti Solari

Dopo aver progettato il sistema di accumulo, è possibile valutare i risultati per determinare la convenienza del sistema. In particolare, all’interno del bilancio energetico, è possibile effettuare un’analisi dettagliata per l’intero anno, per ogni singolo mese e per ogni giorno.

Bilancio energetico, Blumatica Impianti Solari
Figura 8 – Bilancio energetico, Blumatica Impianti Solari

In conclusione, installare un impianto fotovoltaico con accumulo rappresenta una scelta vantaggiosa per diversi motivi. Utilizzando Blumatica Impianti Solari, è possibile verificare se il sistema progettato massimizza l’uso dell’energia autoprodotta, riduce il problema della produzione solare limitata alle ore di luce e comporta un significativo aumento dell’autoconsumo, diminuendo la dipendenza dalla rete elettrica esterna e ottimizzando l’efficienza dell’impianto fotovoltaico.

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Chiara Manzo

Responsabile Tecnico


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