Il TAR dichiara illegittimo il parere della Soprintendenza perchè è carente di motivazioni
Di cosa si tratta
L’autorizzazione paesaggistica deve essere ottenuta prima di eseguire interventi (edilizi e non) che modifichino l’aspetto esteriore dei luoghi in zone sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi del D.Lgs. 42/2004. L’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto ai titoli abilitativi edilizi per i quali dovrà essere presentata domanda a parte. L’autorizzazione paesaggistica verifica la compatibilità dell’intervento da eseguire con il tipo di vincolo paesaggistico ma non autorizza a realizzare materialmente i lavori.
La procedura
L’iter procedurale per la realizzazione di interventi sui beni paesaggistici è un bel groviglio burocratico in quanto le funzioni della materia paesaggistica sono di competenza di enti diversi. Precisamente, le attività di tutela del paesaggio sono in capo allo Stato che le esercita attraverso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo (Mibact); le funzioni di approvazione di piani paesaggistici sono conferite alla Regioni e ai Comuni tocca il compito di adeguare i propri strumenti urbanistici ai piani paesaggistici e di rilasciare le autorizzazioni per gli interventi. Secondo l’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, il Comune si pronuncia sull’autorizzazione paesaggistica solo dopo aver acquisito il parere vincolante della Soprintendenza che si esprime sulla compatibilità paesaggistica dell’intervento rispetto alle disposizioni vigenti.
Il caso
Un imprenditore veneto (titolare di un’attività di ristorazione e preparazione di cibi da asporto esercitata in un locale al piano terra, fronte strada, facente parte di un immobile assoggettato a vincolo paesaggistico ex DM 7 luglio 1956), dovendo dotare il suo locale di un sistema di riscaldamento/raffrescamento ha presentato al Comune regolare istanza di autorizzazione paesaggistica ex art 146 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio per il posizionamento dell’unità esterna sul prospetto che si affaccia alla strada. Da progetto, la macchina sarebbe stata posizionata sull’unica facciata esterna del locale, precisamente sotto il balcone del primo piano e, nella documentazione tecnica, erano state proposte soluzioni di mitigazione e compensazione al fine di limitare l’impatto visivo.
Secondo l’art. 146 del Codice il Comune si pronuncia sull’autorizzazione paesaggistica solo dopo aver acquisito il parere vincolante della Soprintendenza che si esprime sulla compatibilità paesaggistica dell’intervento rispetto alle disposizioni vigenti.
In questo caso, però, la Soprintendenza ha giudicato l’intervento di installazione dell’unità esterna “incompatibile con i valori espressi dall’ambito paesaggistico vincolato” perché avrebbe creato “negative interferenze con le partiture architettoniche” della facciata dell’edificio e con “la percezione del delicato contesto sottoposto a tutela paesaggistica”. Il Comune ha recepito tale parere e ha negato l’autorizzazione.
Visto che il diniego recava la data del 14 ottobre 2019, ma ne aveva avuto comunicazione dopo qualche giorno (il 18 ottobre 2019), l’imprenditore ha presentato ricorso al TAR in quanto questa decisione gli procurava molte difficoltà in quanto “il sistema di riscaldamento/raffrescamento era indispensabile per la permanenza di persone nel locale nei mesi invernali e imprescindibile per la preparazione di alimenti da asporto nei mesi estivi”.
La decisione del TAR
Il ricorso è stato accolto dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (sentenza N. 00108/2020 pubblicata il 29 gennaio 2020) che ha indicato il modo con cui la Soprintendenza ha espresso il suo parere sia stato “superficiale e carente”:
- “Superficiale” perché la Soprintendenza si è espressa su questioni non inerenti al vincolo paesaggistico.
- “Carente” perché la Soprintendenza non ha preso in considerazione il progetto e le misure di mitigazione proposte.
Pertanto la decisione del TAR definisce i presupposti applicabili in tutti i casi in cui la Soprintendenza deve esprimersi sulla compatibilità paesaggistica di un’opera e “l’amministrazione non può limitarsi ad esprimere valutazioni apodittiche e stereotipate” ma deve esplicitare i motivi di contrasto tra le opere da autorizzare e le ragioni della tutela, come previsto dall’art. 10 bis della Legge “Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza” (L. 241/1990).
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