Nella sentenza 4110/2023, Palazzo Spada chiarisce sulle modifiche di destinazione d’uso per la CILA.
Anche a seguito della riforma introdotta dal DL 76/2020 (Decreto Semplificazioni), le modifiche che possono essere conseguite su interventi riconducibili al concetto di manutenzione straordinaria sono solo quelle tra categorie omogenee. Essendo, infatti, definito all’art.3, comma 1, lett. b del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001 che le opere debbano essere “urbanisticamente rilevanti” e “non implicanti aumento del carico urbanistico”.
L’origine della vertenza parte da un’ordinanza comunale secondo cui si dichiarava inefficace la comunicazione inizio lavori asseverata (CILA) di una Società. In particolare, la CILA era riferita al cambio di destinazione d’uso senza opere da commerciale ad artigianale per una porzione di un ampio fabbricato.
Così, il TAR Veneto accoglie il ricorso della società, concludendo la legittimità della CILA poiché: il mutamento d’uso che realizza un risultato equivalente a quello vietato sarebbe avvenuto quasi due anni dopo (con la CILA ex art.6 bis DPR 380/01), in un contesto normativo e regolatorio profondamente mutato per effetto del DL 76/20, convertito L. 120/20, che – quindi – non esisteva neppure nel 2019»,
Motivo, questo, per il quale è stato necessario fare chiarezza generale, definendo formalmente quali sono le modifiche di destinazione d’uso assentibili a manutenzione straordinaria. E quindi: la validità è solo per le categorie urbanistiche omogenee.
Infatti, per cambi d’uso tra categorie diverse, la CILA non è sufficiente. È necessario anche il permesso di costruire.
Per cambi d’uso tra stesse categorie, con opere edilizie, serve ricorrere alla SCIA.
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