
Si era aperto un dibattito circa il disallineamento tra la legge sull’equo compenso ai servizi di ingegneria e architettura e il Codice dei Contratti Pubblici. TAR Veneto e TAR Lazio, però, si esprimono in favore della piena applicabilità della disciplina di cui alla Legge n. 49/2023 (Equo Compenso) anche per i bandi di progettazione disciplinati dal D.Lgs. 36/2023.
L’argomento si era aperto a seguito di un profilo di dubbio sollevato dall’ANAC con la nota del 19 aprile 2024. Ivi si riportava che “la previsione di tariffe minime non soggette a ribasso rischia di porsi in contrasto con il diritto euro-unitario, che impone di tutelare la concorrenza”.
La difficoltà sarebbe stata, quindi, quella di non riuscire a coordinare al meglio le norme del Codice dei contratti con quelle sull’equo compenso per i servizi di architettura e di ingegneria. Questo perché “si porrebbe in contrasto con il principio di concorrenza, farebbe lievitare i costi e penalizzerebbe i professionisti più giovani e i più piccoli”.
Compatibilità tra disciplina dell’equo compenso, norme UE sulla concorrenza e Codice Appalti
Il chiarimento arriva dal TAR Lazio e dal TAR Veneto: “l’applicazione del principio dell’equo compenso è inderogabile anche nei contratti pubblici”. Il principio della concorrenza, sancito dalla normativa europea, infatti, si integra perfettamente con il concetto di equo compenso. Le disposizioni della Legge n. 49/2023 non entrano in conflitto con la libertà di stabilimento (art. 49 TFUE) o il “diritto di prestare servizi in regime di concorrenzialità” (artt. 101 TFUE e 15 direttiva 2006/123/CE).
Nello specifico, è conforme alla normativa europea in quanto:
- ha il dichiarato intento di preservare il professionista intellettuale nell’ambito dei rapporti con “contraenti forti”;
- opera un rafforzamento delle tutele e dell’interesse alla partecipazione alle gare pubbliche, rispetto alle quali l’operatore economico, sia esso grande o piccolo, italiano o di provenienza UE, è consapevole del fatto che la competizione si sposterà eventualmente su profili accessori del corrispettivo globalmente inteso (ad esempio, come visto, sulle spese generali) e, ancor di più, sul profilo qualitativo e tecnico dell’offerta formulata;
- ha effetti pro-concorrenziali in favore del piccolo operatore economico, che sarà incentivato a partecipare alle pubbliche gare nella consapevolezza che non si troverà più a competere sulla voce “compensi” con gli operatori di grandi dimensioni.
Inoltre, è escluso il disallineamento con il codice appalti, perché:
- prevede esplicitamente l’applicazione alle prestazioni rese in favore della P.A., senza esclusioni, e impone alle pubbliche amministrazioni di garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale (salvo che in ipotesi eccezionali di prestazioni rese gratuitamente);
- persegue obiettivi di protezione del professionista, mediante l’imposizione di un’adeguata remunerazione per le prestazioni da questi rese;
- contribuisce, analogamente al giudizio di anomalia dell’offerta, a evitare che il libero confronto competitivo comprometta gli standard professionali e la qualità dei servizi da rendere a favore della pubblica amministrazione.
Infine, con riferimento al fatto che l’art. 2, comma 1, della Legge 49/2023 specifica che la legge è applicabile ai rapporti professionali aventi ad oggetto prestazioni d’opera intellettuale di cui all’art. 2230 del Codice civile, la scelta di applicare la disciplina sull’equo compenso esclusivamente alle prestazioni di natura intellettuale rese in favore della PA dal singolo professionista, che non necessiti (o comunque non si avvalga) di un’organizzazione di mezzi e risorse, sarebbe difficilmente giustificabile; inoltre, imporre il rispetto della norma sull’equo compenso soltanto per le prestazioni rese dal professionista che operi (e partecipi a una procedura a evidenza pubblica) uti singuli, avrebbe l’effetto di concretizzare una inammissibile disparità di trattamento tra quest’ultimo e i professionisti che, viceversa, operino (e concorrano) nell’ambito di società, associazioni o imprese.
Sono necessari ulteriori chiarimenti?
L’urgenza di chiarire la questione dell’equo compenso è stata sollevata nuovamente dall’ANAC, sottolineando la criticità della situazione e la necessità di una risposta rapida e precisa. La mancanza di direttive chiare e uniformi potrebbe portare a rischi di discriminazione e distorsione della concorrenza nelle gare pubbliche.
In una nota del 3 maggio 2024, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha evidenziato le difficoltà interpretative che stanno creando problemi agli ingegneri e ad altre categorie professionali, rappresentanti oltre due milioni di professionisti.
Secondo il CNI, la legge sull’equo compenso si applica in modo chiaro e semplice alle prestazioni rese dai professionisti per conto della Pubblica Amministrazione, stabilendo la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo, anche in seguito a gare pubbliche. Tuttavia, diverse Amministrazioni, regolando gli affidamenti in base al Codice dei contratti pubblici, sembrano ignorare tale normativa, invocando principi come quello della concorrenza comunitaria, la specificità normativa del Codice, o l’immodificabilità di quest’ultimo in assenza di previsioni esplicite.
Il CNAPPC sostiene che, nonostante i dubbi interpretativi iniziali, gli approfondimenti svolti confermano l’applicazione del principio dell’equo compenso nella Legge n. 49/2023 anche nei contratti pubblici. Tuttavia, in attesa di chiarimenti, è fondamentale che le Stazioni Appaltanti aderiscano a questo orientamento per evitare pratiche illegittime e contenziosi aggiuntivi, garantendo così prestazioni professionali di qualità.
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Redattrice