Con la legge 49/2023, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 104 del 5 maggio 2023, le cui disposizioni saranno in vigore dal 20 maggio, si rafforza la tutela nei confronti di specifiche classi di imprese con l’equo compenso per le prestazioni professionali.
Sarà, così, obbligatorio richiedere a pubbliche amministrazioni e ai cosiddetti “clienti forti” per dimensioni o fatturato, un compenso professionale equo, proporzionato alla prestazione resa e conforme ai parametri ministeriali.
Tali parametri di riferimento sono definiti ai sensi dell’art. 5, comma 3, e vengono aggiornati ogni due anni su proposta dei Consigli nazionali degli Ordini o Collegi professionali.
Eventuali violazioni alla legge 49/2023, che prevedono compenso inferiore ai valori determinati secondo il DM Parametri, devono essere impugnate dal professionista innanzi al tribunale competente e sono sanzionate dagli Ordini e Collegi.
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Ecco cosa prevede la legge per l’equo compenso
Il Decreto di Legge 49/2023 del 21 aprile disciplina la materia di equo compenso delle prestazioni professionali rese nei confronti di particolari categorie di imprese, di cui:
- avvocati;
- professionisti iscritti agli Ordini e Collegi;
- professioni non organizzate in Ordini o Collegi.
Le disposizioni saranno in vigore per i rapporti professionali, regolati da convenzioni aventi ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale (art. 2230 cc), svolta in forma associata o societaria delle attività professionali, in favore di:
- imprese bancarie assicurative e loro controllate, mandatarie;
- imprese con più di 50 lavoratori;
- imprese con ricavi annui superiori a 10 milioni di Euro;
- pubblica amministrazione e società a partecipazione pubblica.
Sono escluse dall’ambito di applicazione della disciplina, invece, le prestazioni a società veicolo di cartolarizzazione, e in favore di agenti della riscossione.
Clausole e pattuizioni nulle
Nell’art. 3 della legge è stabilita la nullità delle clausole che compromettono l’equità del compenso.
Inoltre, sono nulle le pattuizioni che:
- prevedono compensi inferiori agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione, di cui all’art.1;
- vietano al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione;
- impongono al professionista l’anticipo delle spese;
- danno al cliente la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto;
- attribuiscono al committente o al cliente vantaggi sproporzionati rispetto alla qualità e alla quantità del lavoro svolto o del servizio reso.
In caso di violazione delle disposizioni vigenti in materia, la legittimità ad intervenire è ai Consigli nazionali degli Ordini o Collegi. Essi, infatti, valuteranno la congruità delle parcelle ed esprimeranno il proprio parere in merito.
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