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Quando gli individui tendono a credere che le azioni degli altri siano dovute ai loro tratti caratteristici della personalità, mentre le proprie siano influenzate dall’ambiente esterno, essi sono soggetti all’errore fondamentale di attribuzione.
É un meccanismo insito nelle persone. Il cervello, infatti, elabora alcune informazioni tramite scorciatoie, per poter valutare velocemente le situazioni. Cercando di ridurre il numero di dati da processare, utilizza scorciatoie. Così, però, ci si ritrova a generalizzare giudizi a partire da qualcosa che, in realtà, è solo parziale.
Molti bias cognitivi, come l’overconfidence e il bias di conferma, influenzano le persone e il loro quotidiano. L’errore fondamentale di attribuzione, però, è uno dei principali perché incide, e crea facilmente possibilità di errore, condizionando il modo di pensare di ogni individuo.
Questo errore fa sì che non si considerino oggettivamente le situazioni in cui gli individui si trovano ad agire. Anzi, automaticamente si crea un parallelismo, dovuto a pregiudizi o stereotipi, per cui determinate persone si comportano in un certo modo per il loro carattere o temperamento.
In realtà, molte delle azioni che si compiono quotidianamente, derivano dall’ambiente o dalla situazione in cui questi soggetti si trovano.
Le origini dell’errore fondamentale di attribuzione
Questo bias è stato studiato originariamente nel 1967 da Edward E. Jones e Victor Harris. I due condussero un esperimento in cui i partecipanti dovevano leggere alcuni saggi in favore ed in contrario a Fidel Castro, e quindi definire quali che fossero gli atteggiamenti degli scrittori nei confronti di Castro.
La particolarità dello studio fu che ad un gruppo di partecipanti fu detto esattamente quali fossero gli scrittori filocastristi e quali che fossero anticastristi. Ad un altro, invece, furono date delle assegnazioni casuali sugli scrittori in favore o meno.
Quello che fu chiaro è che, a prescindere dall’effettiva propensione di uno scrittore verso Fidel Castro, i partecipanti sostenevano la tesi per cui se si era filocastrista si scriveva anche in favore, e chi era anticastrista scriveva contro Castro.
In realtà, questa affermazione non è sempre verificata. Infatti, ad alcuni dei partecipanti fu data l’attribuzione errata: nell’assegnazione casuale per alcuni scrittori fu detto che fossero in favore, quando invece erano contrari.
Così si incorre nell’errore fondamentale di attribuzione.
I bias comportamentali possono salvare il mondo?
Anche gli psicologi John Darley e Daniel Batson studiarono i pregiudizi comportamentali. Reclutarono, quindi, 40 studenti di teologia per capire quali fattori avrebbero incoraggiato le persone ad aiutare uno sconosciuto in difficoltà.
Come primo step, chiesero al gruppo di studio perché si fossero iscritti a teologia. Per la salvezza di se stessi o per aiutare il prossimo? Poi, gli chiesero di tenere un sermone in chiesa.
A questo punto il gruppo fu diviso in due. Ad uno fu detto di essere in ritardo per la funzione, mentre all’altro di avere tutto il tempo a disposizione per arrivare in chiesa.
Così, Darley e Batson iniziarono a studiare quali dei teologi si fermassero ad aiutare un uomo sofferente nel tragitto per arrivare in chiesa.
Ciò che gli studiosi verificarono, fu che, indipendentemente dalla spinta motivazionale ad intraprendere il percorso di teologia (fattore della personalità), ciò che ha fatto la maggiore differenza è stato il contesto a cui gli studenti erano stati soggetti: se avevano fretta o meno (fattore esterno). Infatti, si fermò solo il 10% di chi era in ritardo, invece del 63% di coloro che avevano tempo.
L’errore fondamentale di attribuzione nell’ambito lavorativo
Non solo nel privato, ma anche nel mondo del lavoro, il bias di attribuzione può incidere in modo negativo sulle performance. Principalmente ha influenza nel rapporto con i colleghi. Se, a prescindere, in ogni ambito di vita, è difficile riuscire a conoscere a fondo l’altro, in ufficio o in cantiere gli scogli aumentano.
Le etichette molte volte restano immutabili nel tempo e possono portare a commettere errori.
Questo perché ciò che capita è che, a seguito di un evento in cui un collega abbia svolto una mansione di sua competenza, si possa pensare che egli avrebbe potuto fare di meglio, o qualcosa di diverso. Implicitamente, senza alcun tipo di approfondimento, è come se si stesse dicendo che, questo collega, sia incompetente.
Quindi, se al momento di un confronto, tale collega dovesse portare alla luce variabili rilevanti da esaminare, si potrebbe ritenere non pertinente il suo contributo e quindi sottostimare rischi importanti.
Al contrario, si potrebbe mancare di zelo, o essere portati a tralasciare alcune mansioni fondamentali, quando qualcuno che riteniamo importante, gerarchicamente, in azienda, arriva sul nostro posto di lavoro.
Per evitare di essere soggetti all’errore fondamentale di attribuzione è fondamentale capire che alcuni meccanismi mentali possono influire sul nostro atteggiamento al lavoro. E quindi, è necessario adottare strumenti oggettivi di analisi. Così si cercherà il più possibile di identificare e valutare i fattori di rischio insiti nel contesto delle attività che si svolgono.
I principali fattori da stimare sono:
- umani;
- organizzativi;
- tecnici.
Utilizzando un approccio olistico è possibile avere una visione completa delle possibili cause di incidenti ed infortuni. E, di conseguenza, adottare metodi che permettano di andare a valutare più a fondo le problematiche.
Tecniche come l’albero delle cause e i “5 perché” consentono un’analisi retrospettiva su un evento indesiderato che è avvenuto, in modo da evitare recidive. Così si esplorano tutte le relazioni di causa-effetto tra l’evento e i fattori che hanno portato ad esso.
Ovviamente, anche la formazione sulla sicurezza sul lavoro educa lavoratori e responsabili a considerare il binomio fattori umani e ambientali.
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