
Se oggi parliamo di BIM (Building Information Modeling), è importante chiarire fin dall’inizio: la domanda “quando nasce BIM?” non ha una risposta rigida e univoca, ma piuttosto possiamo individuare alcune tappe fondamentali che segnano la sua evoluzione.
Il primo seme del BIM è spesso collocato nei primi anni ’70. In particolare, uno dei punti di riferimento classici è il lavoro di Charles M. Eastman presso la Carnegie Mellon University: nel 1974 egli proponeva il concetto di un “Building Description System” (BDS), un sistema di descrizione parametrica dell’edificio, capace di rappresentare non solo la geometria ma anche informazioni legate agli elementi costruttivi.
Questo primo approccio rimase però confinato in ambiti accademici e sperimentali per molti anni. Il motivo? Le tecnologie hardware e software disponibili non erano pronte per supportare modelli complessi, né le modalità collaborative necessarie per sfruttare veramente un modello informativo condiviso.
Nel corso degli anni ’80 e ’90 si susseguirono diversi precursori tecnici: software come GLIDE, RUCAPS, Sonata e Reflex sperimentarono la modellazione tridimensionale con elementi parametrici e l’aggiunta di dati al modello oltre alla mera rappresentazione geometrica. Ad esempio, Sonata (rilasciato in versione commerciale intorno al 1986) è ricordato come uno dei sistemi anticipatori di un modello informativo integrato.
Il termine “Building Information Model”, come espressione, appare più tardi: nella letteratura tecnica si trova già nel 1992, quando G.A. van Nederveen e F. P. Tolman utilizzarono questa dicitura per descrivere l’idea di un modello di edificio con caratteristiche informazionali. Tuttavia, è solo nei primi anni 2000 che il concetto di “BIM” inizia ad affermarsi come paradigma condiviso tra diversi produttori di software e nel settore AEC.
Quindi, rispondendo alla domanda “Quando nasce BIM?”, possiamo dire che le sue origini concettuali risalgono agli anni ’70 con Eastman, ma che il BIM, come lo intendiamo oggi, si è concretizzato e diffuso solo nel XXI secolo.
Evoluzione del BIM: da “modello virtuale” al metodo collaborativo contemporaneo
Dopo le sperimentazioni pionieristiche, il BIM ha attraversato una fase di consolidamento e maturazione tecnologica che lo ha trasformato da mero modello 3D a vero e proprio metodo. Vediamo le principali tappe evolutive.
Dagli anni ’80 al 2000: applicazioni software e sperimentazioni
Durante gli anni ’80 e ’90, l’industria del software nel settore edilizio iniziò a esplorare modelli tridimensionali e database integrati per architettura e costruzione. ArchiCAD, lanciato nel 1987, è spesso citato come il primo software su piattaforma personale capace di gestire sia disegno 2D che geometria 3D con parametricità e metadati aggiuntivi. Alcuni puristi riconoscono che altri software antecedenti (come Sonata) erano già “più BIM di ArchiCAD” dal punto di vista delle caratteristiche informazionali.
Negli anni ’90 emerse anche il concetto di “Generic Building Model” (GBM), con l’obiettivo di integrare informazioni multidisciplinari legate al ciclo di vita dell’edificio. Ma, in quegli anni, il BIM restava ancora dominato da soluzioni proprietarie e da una scarsa interoperabilità.
Dal 2000 in poi: formalizzazione del concetto e diffusione
Con l’avvento di tecnologie più potenti e connettività diffusa, il BIM cominciò a evolversi come paradigma collaborativo. Nel 2002 Autodesk pubblicò un white paper sul “Building Information Modeling” e, insieme ad altri produttori di software, cominciò a promuovere il termine come standard condiviso. Negli anni successivi, figure come Jerry Laiserin contribuirono a diffondere e standardizzare il termine nel settore.
Un altro passo decisivo fu lo sviluppo e l’adozione di standard di interoperabilità, come l’IFC (Industry Foundation Classes), promossi dall’organizzazione buildingSMART per permettere lo scambio di dati tra diversi software BIM.
Parallelamente, il BIM ha assunto dimensioni aggiuntive oltre alla mera geometria (3D): l’evoluzione verso BIM 4D (tempo), 5D (costi), 6D (sostenibilità, facility management) fino a includere oggi aspetti come la sicurezza, la gestione del ciclo di vita e persino la digital twin technology, ha allargato il suo ambito applicativo verso il controllo completo del ciclo di vita dell’opera.
In Italia, l’adozione normativa ha dato un forte impulso: con il Decreto Legislativo 50/2016 (Nuovo Codice Appalti), il BIM è stato introdotto come metodo obbligatorio per le opere pubbliche, con livelli progressivi di dettaglio.
Il BIM oggi: dal software al metodo
Oggi non si parla più soltanto di “software BIM” ma di metodo BIM, inteso come insieme di processi, modelli informativi, standard di scambio e collaborazione multidisciplinare. Questo significa che il modello digitale diventa il fulcro di tutto il processo progettuale, esecutivo e gestionale dell’opera.
La definizione corrente del BIM include elementi come:
- Parametricità e coerenza bidirezionale: ogni modifica a un elemento si propaga automaticamente in tutte le viste e nella documentazione correlata. (Esempio: spostare un muro aggiorna anche piante, sezioni, quantità)
- Interoperabilità tramite standard aperti, come l’IFC, per consentire scambio dati tra software diversi.
- Collaborazione multidisciplinare: architettura, strutture, impianti, sostenibilità e gestione operano su un unico modello digitale condiviso.
- Arricchimento informativo: al modello geometrico si associano dati temporali, costi, prestazioni, manutenzione, scenari simulativi.
- Livelli di maturità e definizione (LOD) che stabiliscono quanto dettaglio informativo deve contenere il modello in ciascuna fase del progetto.
In sintesi: l’evoluzione del BIM non è stata una scoperta improvvisa, ma un processo graduale che ha preso forma attraverso innovazioni software, ricerca teorica e progressiva maturazione del mercato e della normativa.
Non più un software ma il cuore di una trasformazione
In conclusione, rispondere a “Quando nasce BIM?” significa fare un percorso che va dalla teoria pionieristica di Eastman agli attuali modelli informativi complessi e collaborativi. Le radici del BIM affondano negli anni ’70 e ’80, ma il paradigma ha preso forma compiuta solo con la diffusione di tecnologie adeguate, software interoperabili e progetti normativi che ne hanno imposto l’adozione.
Il BIM nasce come visione accademica, cresce come sperimentazione tecnologica e si afferma come metodologia universale di progettazione e gestione. Oggi rappresenta il cuore della trasformazione digitale del settore delle costruzioni e un linguaggio comune tra progettisti, imprese e committenze di tutto il mondo.

