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Il disegno di legge sull’equo compenso ha cominciato il suo iter al Senato, in sede redigente. Il testo è giunto dopo aver ricevuto il via libera dalla Camera, con 253 voti favorevoli e nessun contrario. La proposta legislativa indica le peculiarità necessarie che un compenso deve avere per essere considerato equo e stabilisce le sanzioni cui andranno incontro i professionisti che accettano una remunerazione sottodimensionata rispetto alle prestazioni rese.
Facciamo chiarezza sulla tematica.
Equo compenso: cosa significa e perché è necessario
Per equo compenso si intende una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità di un servizio reso da un professionista, oltre che al contenuto e alle peculiarità della prestazione svolta.
La norma in questione tutela gli specialisti, i quali troppo spesso sono soggetti a situazioni di squilibrio contrattuale con i cosiddetti contraenti forti. Essi sono: pubblica amministrazione (eccezion fatta per alcuni casi specifici), banche ed assicurazioni (insieme alle loro società controllate e mandatarie), imprese con più di cinquanta lavoratori o che hanno un fatturato annuo superiore ai 10 milioni di euro. Tra gli enti designati non compaiono tuttavia istituzioni veicolo di cartolarizzazione o agenti della riscossione.
Il DDL trova applicazione, oltre che in caso di inadeguato compenso, anche in presenza di ogni tipo di accordo preparatorio e definitivo con gli organi sopra indicati, se di natura vincolante.
I lavoratori possono in aggiunta far valere i propri diritti, oltre che tramite via legale, ovviamente anche grazie all’azione di classe.
Il disegno di legge istituisce inoltre, presso il Ministero della giustizia, l’Osservatorio nazionale sull’equo compenso, composto secondo quanto stabilito da un rappresentante per ciascuno dei Consigli nazionali degli Ordini professionali.
Le sanzioni previste
Sono previste diverse sanzioni in caso di inadempienza di tale proposta legislativa, applicabili sia alle imprese che al singolo lavoratore.
Per i primi, è considerata nulla ogni pattuizione avente una retribuzione apertamente spropositata, perché inferiore rispetto alle quote consone, rispetto al servizio reso dal professionista. Il giudice che certifica la non equità del compenso concordato può in aggiunta rideterminare il valore della remunerazione dovuta e condannare l’ente in questione al pagamento della differenza. Ove ne ricorrano i presupposti, il cliente potrebbe anche versare un indennizzo fino al doppio della somma stabilita dal giudice. Fatto salvo il risarcimento dell’eventuale maggiore danno.
Concernente il singolo lavoratore, potrebbe essere penalizzato se accettasse un compenso non equo. Agli Ordini ed ai Collegi professionali è data infatti la facoltà di introdurre ed adottare norme deontologiche per chiunque trasgredisse le disposizioni sull’equo compenso e non avvertisse la controparte circa la necessità di rispettare la quota retributiva indicata dalla legge.
La presunzione di equità
Le imprese possono comunque accordarsi con i Consigli nazionali degli Ordini o Collegi professionali, al fine di accogliere modelli standard di convenzione.
Il compenso specifico pattuito nelle convenzioni viene considerato equo fino a prova contraria.
Come stabilire se un compenso è equo
Rimane una domanda importante da porci, cioè: come stabilire se un compenso è equo?
Il target di riferimento è costituito dai parametri. Sono importi stabiliti per ogni categoria ed attività. Fino a questo momento, sono stati usufruiti in evenienza di lite sulle parcelle. Con l’equo compenso diventano però il punto di riferimento per i professionisti ed i grandi clienti.
In dettaglio, le retribuzioni previste per gli avvocati vengono fissate dal decreto del Ministero della giustizia, per gli specialisti iscritti ai rispettivi Ordini da opportuni decreti ministeriali, per le associazioni professionali (non regolamentate) dal decreto del Ministero dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della normativa sull’equo compenso (l’aggiornamento è previsto con cadenza biennale).
I parametri di riferimento vengono aggiornati ed adeguati con scadenza biennale su indicazione dei Consigli nazionali degli Ordini o Collegi professionali.
Criticità
Al fine di trattare in maniera quanto più esaustiva possibile la tematica sull’equo compenso, soffermiamoci un momento sulle forti perplessità circa il testo presentato.
Primo elemento critico è costituito dall’applicazione del DDL alle professioni non ordinistiche, visto che per gli specialisti iscritti al proprio Albo di riferimento è l’Ordine a vigilare. In seconda battuta, altra questione sollevata è l’ambito di attuazione. Per alcuni è infatti ritenuto troppo ristretto. Infine, sono nati dubbi anche riguardo al sistema sanzionatorio.
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